Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale (IA) si è progressivamente inserita in numerosi ambiti della nostra vita, e la psicologia non fa eccezione. Ad oggi, l’IA rappresenta una risorsa concreta in grado di supportare — e in alcuni casi potenziare — il lavoro dello psicologo. Lungi dal voler sostituire la figura del professionista, le nuove tecnologie si stanno dimostrando strumenti validi per facilitare diagnosi, trattamento, monitoraggio e accesso alla salute mentale.
Come osservato in un approfondimento dell’American Psychological Association (Abrams, 2023), l’intelligenza artificiale sta modificando radicalmente il modo in cui la psicologia viene praticata, dalla formazione alla clinica, passando per la ricerca. Alcuni strumenti basati su IA sono già utilizzati per trascrivere automaticamente le sedute, per analizzare il linguaggio dei pazienti alla ricerca di pattern sintomatici e per suggerire approcci terapeutici personalizzati.
Uno degli sviluppi più noti e visibili al pubblico è la diffusione dei chatbot terapeutici, come Woebot, Wysa e Youper. Queste applicazioni, ispirate alla terapia cognitivo-comportamentale, offrono supporto emotivo e strumenti di autogestione del disagio psicologico in tempo reale. Studi condotti presso la Stanford University hanno dimostrato che Woebot, ad esempio, può ridurre significativamente i sintomi depressivi in sole due settimane, evidenziando come un intervento tecnologico ben progettato possa contribuire al benessere mentale, soprattutto nei casi lievi o come supporto tra una seduta e l’altra. Tuttavia, è importante ricordare che questi sistemi non sono approvati per sostituire la terapia umana: la loro funzione è piuttosto quella di aumentare l’accessibilità e favorire un primo approccio al trattamento, in particolare per chi è riluttante a rivolgersi direttamente a uno specialista (APA, 2023).
Uno degli ambiti in cui l’IA ha mostrato particolare efficacia è quello della diagnosi precoce. Infatti, utilizzando tecniche avanzate di elaborazione del linguaggio naturale, analisi comportamentale e riconoscimento delle emozioni, l’intelligenza artificiale ha dimostrato di poter contribuire a individuare segnali precoci di ansia, depressione o rischio suicidario. Ad esempio, studi pubblicati su Nature Medicine e nel Journal of Artificial Intelligence Research hanno confermato l’accuratezza dei modelli IA nel riconoscere pattern verbali e prosodici associati a disturbi dell’umore, anticipando talvolta la diagnosi clinica tradizionale (Ji et al., 2024; Rejaibi et al., 2019). Questo approccio non elimina la valutazione umana, ma può fungere da sistema di allerta o da strumento di screening iniziale.
Anche la relazione terapeutica può beneficiare dell’IA, non tanto nella sua essenza umana — fatta di empatia, ascolto e presenza — quanto nella sua organizzazione. L’intelligenza artificiale può infatti semplificare la gestione dei dati clinici, automatizzare la documentazione, suggerire strategie terapeutiche basate su grandi database clinici e perfino offrire simulazioni utili alla formazione di psicologi e psicoterapeuti. In un articolo pubblicato da IEEE EMBS Pulse nel 2022 ("Improving Psychotherapy with AI: From the Couch to the Keyboard"), si descrive come alcuni sistemi siano oggi in grado di analizzare le sedute, segnalare il tono emotivo generale e proporre adattamenti terapeutici personalizzati, trasformando ogni colloquio in una fonte ricchissima di dati da interpretare a vantaggio del paziente.
Anche in merito alla valutazione del rischio suicidario l’IA ha mostrato grandi avanzamenti. Una revisione sistematica condotta da Lejeune et al. (2022) ha analizzato 17 studi pubblicati tra il 2014 e il 2020, focalizzati sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale per identificare individui a rischio di suicidio. I risultati indicano che l'IA ha un potenziale significativo nel prevedere il rischio suicidario, attraverso l’uso di algoritmi di gradient boosting capaci di analizzare grandi quantità di dati provenienti da cartelle cliniche elettroniche, questionari auto-somministrati e altre fonti, identificando pattern complessi che potrebbero sfuggire all'osservazione clinica tradizionale. Tuttavia, gli autori sottolineano che l'applicazione clinica di questi algoritmi richiede ulteriori studi per valutarne l'efficacia in contesti reali e per affrontare le questioni etiche legate all'uso dei dati sensibili dei pazienti. È fondamentale che l'IA sia utilizzata come supporto al giudizio clinico, e non come sostituto, garantendo sempre il rispetto della privacy e l'autonomia decisionale del paziente.
Infine, a supporto dell’efficacia clinica dell’IA, è importante menzionare uno studio randomizzato controllato condotto presso il Children’s Hospital of The King’s Daughters, che mirava a valutare l’efficacia di Woebot for Adolescents (W-GenZD), un agente conversazionale basato sull’intelligenza artificiale progettato per fornire supporto terapeutico a adolescenti con sintomi di depressione e ansia (Fitzpatrick et al., 2023). L'intervento ha portato a riduzioni dei sintomi depressivi nei partecipanti adolescenti, risultati statisticamente indistinguibili da quelli ottenuti tramite terapia cognitivo-comportamentale (CBT) condotta da clinici attraverso telemedicina. Inoltre, entrambi i gruppi hanno riportato una significativa riduzione dei sintomi depressivi (PHQ-8) dalla baseline alla fine del trattamento (settimana 4) e livelli simili di fattibilità e soddisfazione dell'intervento, suggerendo che Woebot può essere un'alternativa efficace alla terapia tradizionale, soprattutto per i giovani che potrebbero avere difficoltà ad accedere ai servizi di salute mentale convenzionali.
In definitiva, l’intelligenza artificiale sta progressivamente trasformando il modo in cui concepiamo e pratichiamo la psicologia. Non si tratta di una rivoluzione che sostituisce il terapeuta, ma di un’evoluzione che lo affianca, offrendo strumenti nuovi per osservare, comprendere e intervenire sul disagio psicologico. Le evidenze scientifiche dimostrano che l’IA può supportare in modo efficace la diagnosi precoce, migliorare la personalizzazione degli interventi e ampliare l’accesso alle cure. Tuttavia, è importante sottolineare che il cuore della pratica clinica resta profondamente umano. Nessun algoritmo può replicare la complessità dell’ascolto empatico, del giudizio clinico esperto o della relazione terapeutica.
Va fatto notare che il futuro della psicologia sarà quindi sempre più ibrido: un’integrazione tra competenza umana e intelligenza artificiale, in cui la tecnologia diventa strumento, non fine. Solo così potremo garantire una salute mentale più accessibile, efficiente e vicina ai bisogni reali delle persone.
FONTI:
Abrams, Z. (2023). L'intelligenza artificiale sta cambiando ogni aspetto della psicologia. Ecco cosa tenere d'occhio. Monitor on Psychology, 54(5).American Psychological Association. https://www.apa.org/monitor/2023/07/psychology-embracing-ai
Fitzpatrick, K. K., Darcy, A., & Vierhile, M. (2023). A Randomized Controlled Trial of a Digital Therapeutic Agent for Adolescents With Symptoms of Depression and Anxiety. Internet Interventions, 33,100628. https://doi.org/10.1016/j.invent.2023.100628
Ji, J., Dong, W., Li, J., Peng, J., Feng, C., Liu, R., Shi,C., & Ma, Y. (2024). Depressive and mania mood state detection through voice as a biomarker using machine learning. Frontiers in Neurology, 15, 1394210. 10.3389/fneur.2024.1394210
Lejeune, A., Czapla, M., Berrouiguet, S., Ibáñez, J.,Baca-García, E., Walter, M., & Courtet, P. (2022). Artificial intelligence and suicide prevention: A systematic review. European Psychiatry, 65(1), e30.https://doi.org/10.1192/j.eurpsy.2022.8
Rejaibi, E., Komaty, A., Meriaudeau, F., Agrebi, S., &Othmani, A. (2019). MFCC-based Recurrent Neural Network for Automatic Clinical Depression Recognition and Assessment from Speech. arXiv preprint arXiv:1909.07208. https://doi.org/10.48550/arXiv.1909.07208
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